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Treme – 4×04 – Sunset On Louisianne

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New Orleans è una città a parte, di certo lo è la New Orleans che ci raccontano Simon e Overmeyer, o almeno il quartiere Tremé che è poi sineddoche di un intero spirito, di una filosofia di vita nata dal congiungersi di diverse razze, culture, lingue e influenze, tutte legate forse proprio dalle note di quella musica nata in America. E se anche il melting-pot è la pietra angolare su cui si fonda l’intera impalcatura sociale politica culturale degli Stati Uniti, New Orleans continua ad essere un luogo altro anche rispetto a quella nazione che è già una fucina di miti e di “altrove”. New Orleans è l’altrove dell’altrove e come tale assomma in sé le caratteristiche dell’America ma insieme è aperta a tante altre influenze, a influssi e tradizioni che arrivano prima di tutto dalla cultura nera e creola, a sua volta in aperto dialogo con le radici più antiche del Nuovo Mondo.

Luogo e incrocio temporale concreti in cui si incontrano queste influenze è soprattutto il Mardi Gras Indians, il carnevale che ha scandito ogni stagione di Treme e che, forse, chiuderà quest’anno e l’intera serie, in un movimento circolare che richiama prepotentemente  la natura della città che lo ospita.

La figura circolare è una struttura cara a Treme sin dalle immagini che popolano i titoli di testa, uragani e vortici d’acqua che alludono all’alluvione come all’eterno perpetuarsi delle cose. Per non parlare dei giri di note che si ripetono e a ogni ripetizioni introducono variazioni e improvvisazioni, che è poi lo spirito profondo del jazz, alias la carta d’identità della città.

Tutto parte da e tutto torna a New Orleans. Torna un reporter esterno per dare la mazzata finale all’inchiesta cui ha lavorato per smascherare gli abusi della polizia a seguito dell’uragano ma forse si trova di fronte un nuovo muro che si chiude a riccio, difendendo un sistema sbagliato ma che deve restare in piedi. C’è un poliziotto odiato da tutti, che ha fatto di tutto per incastrare i bad guys e che pure non potrà essere in aula ad accusarli per i suoi metodi poco ortodossi. C’è chi è ancora sospeso tra qui e altrove, tra le prospettive di una carriera musicale più ampia e la fedeltà alle radici della propria musica e ai proprio collaboratori. Ci sono Janette e Davis che tornano insieme e neanche vi sto a dire quanto mi abbia fatto felice la cosa – perché poi è questo il miracolo dell’opera di Simon e Overmeyer, aprire le porte a un racconto corale e spedirti in mezzo alle strade del quartiere per farti diventare parte di quelle persone. E Janette, non dimentichiamolo, è il legame fisico di un altro incrocio tipico della Louisiana, l’incontro sapori americani, creoli, francesi, sudamericani in una delle cucine più rinomate e famose al mondo.

Ma Treme è soprattutto musica, lo sappiamo. Una musica spesso ostacolata, castrata, rinchiusa. Da palazzinari il cui unico intento è tirare su quattrini o da una gestione delle risorse che rischia di tagliare via un lodevole corso di musica per adolescenti. Eppure neanche questo riesce a piegare la vitalità (ossia la musica, il jazz): Antoine, pur segnato e sconfortato, riprende a fare ciò che sa fare meglio, suonare. E fa di necessità virtù: se non potrà più essere un insegnante, poco male, visto che la sua vera natura è quella del musicista alla ricerca di ingaggi, giorno dopo giorno, notte dopo notte e tirare fino all’alba per una jam session con dei professionisti di quella musica e al mattino, anziché riposarsi, essere di nuovo pronto per un’esibizione per strada.

La musica, il jazz, in fondo, è il vero collante delle storie. Ed è chiara la figura che si staglia al centro di questo crocevia: Chief Albert Lambreaux. Il titolo dell’episodio non lascia scampo a mezze misure: sta arrivando il tramonto sulla Lousiana, e dunque su Treme. Siamo di fronte all’episodio che ci condurrà al gran finale, qui si sente proprio l’orologio ticchettare. Per Albert letteralmente. E Albert è Treme. Ma per ogni morte c’è una nuova nascita o rinascita. Albert non solo rinasce nel nipote che sta per venire al mondo, biologicamente, ma anche spiritualmente visto che Delmond rileverà il suo ruolo nel prossimo Mardi Gras. La vita e la morte sono circoli che si autoalimentano e supportano a vicenda. Ciò che conta sono gli intrecci che le persone creano nel loro passaggio sulla terra, nella trasmissione della cultura e della tradizione.

Non importa quante morti ci saranno, non importa quante ingiustizie e quanti insabbiamenti si tentino, lo spirito di New Orleans è duro a piegarsi. E per ogni tramonto che arriva, ci sarà un’alba a seguirlo, fino alla fine dei giorni. E ogni vita che si spegne continua a risuonare nelle note di chi resta. Delmond è cresciuto come personaggio di stagione in stagione, giungendo così a farsi carico dell’eredità di Chief Albert, e per quanto l’idea lo faccia tremare, ora ha le spalle abbastanza forti per affrontarne la responsabilità e per poter uscire a testa alta, in strada, a continuare il lavoro, il senso della vita del padre. Perché a New Orleans nulla muore mai davvero. Non importa quanti uragani arriveranno, quante sciagure la città dovrà sopportare e quante soprusi dovranno subire dei poveri cittadini: le note del jazz scorreranno sempre, libere, inafferrabili eppure appartenenti a tutti.

Down in the Treme / We’re all going crazy / While jamming and having fun”


Qualcuno ha notizie di Sonny? Sarà mica il prossimo caso di Toni Bernette?

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